Lle notti dei fuochi by Giampaolo Pansa

Lle notti dei fuochi by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-05-03T16:00:00+00:00


Umili eroi

«Moro diresse il "Proletario" negli anni duri della guerra», seguitò Irene, «dal 1915 al 1919. Poi lasciò la guida del giornale a Giuseppe Baldi, ma continuò a scriverci. Aveva impresso al settimanale della Federazione una forte vena polemica. Soprattutto i titoli, così ricordava mio nonno, erano roventi. E, come si usa dire, davano la carica.» «Con Moro il "Proletario" divenne un ottimo giornale, di quattro pagine, completo, ricco di corrispondenze da tutta la regione, raccolte sotto la rubrica "Dalla Lomellina rossa" che si mantenne sino al colpo di Stato fascista e alla marcia su Roma. La tiratura salì rapidamente. Nel 1920, le vendite erano di cinquemila copie per numero, e spesso di più.» «Come forse saprà già», aggiunse Irene, «parecchie volte queste copie finivano bruciate negli incendi appiccati dagli squadristi. Ma il "Proletario" continuò sempre a uscire, nonostante gli assalti alla redazione e i pestaggi. Aveva molti abbonati, anche all'estero: erano i lomellini emigrati. Veniva venduto in tre posti di Buenos Aires.

Uno di questi era la Società dei lavoratori lomellini uniti, che stava in calle Magallanes al 467, un quartiere popolare.» «Il giornale fece conoscere alla base socialista altri dirigenti della Federazione, che vi scrivevano spesso: per primo, Giuseppe Baldi, di San Giorgio Lomellina. Baldi aveva qualche anno meno di Moro, era un riformista che in seguito si sarebbe legato a Turati, un dirigente capace e anche di fegato. Mio nonno diceva che poteva vantare il record dei pestaggi fascisti. Lo picchiavano sempre, a San Giorgio, a Mortara, a Pavia. Ma non riuscirono mai a fargli abbandonare il campo. Solo la marcia su Roma lo costrinse ad andarsene: anche lui in Argentina, dove aprì un'attività commerciale con un compagno di Zeme, Luigi Daidi.» «Poi c'era Giuseppe Botta, anche lui riformista. Era un compaesano del nonno, nato a Candia nel 1885. All'origine faceva il calzolaio, ma era il classico esemplare dell'autodidatta, dedito alla lettura e alla scrittura. Sindaco di Candia dal 1920 al 1922, si rivelò un esperto di contratti. E divenne il direttore dell'ufficio misto di collocamento a Mortara. I suoi articoli erano sempre molto rigorosi e chiari: sapeva spiegare con semplicità le complicate questioni connesse ai concordati agricoli e alla loro difficile applicazione.» «Era un ciabattino provetto anche un'altra delle firme riformiste del "Proletario": Giuseppe Mazza, di Robbio Lomellina. Era nato il 3 luglio 1878 e nel biennio rosso aveva quarant'anni giusti. Una volta presa la licenza elementare, il padre, un mediatore, l'aveva mandato a Torino perché imparasse il mestiere del calzolaio. Sotto la Mole, Giuseppe era diventato bravissimo in quel lavoro e, al tempo stesso, aveva cominciato a frequentare gli ambienti socialisti della città.

Ritornato a Robbio, aprì un laboratorio di calzature e si gettò nella battaglia politica che già infiammava la Lomellina. Nel 1905, a ventisette anni, diventò consigliere comunale di minoranza. E nel 1910 fu eletto sindaco socialista di Robbio, che allora aveva quasi settemila abitanti ed era uno dei centri più importanti della regione.» «Quando scoppiò la guerra, Mazza venne richiamato alle armi. Aveva trentasette anni e andò al fronte, dove rimase per tutto il conflitto.



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